Da Federalberghi e CFMT, un aiuto pratico per imparare a riconoscere ed evitare le trappole disseminate lungo il discorso turistico
Perché smontare i luoghi comuni
Federalberghi e il Centro di Formazione Management del Terziario (CFMT), con il contributo del sociologo Antonio Preiti, propongono un percorso di riflessione su dieci luoghi comuni del turismo italiano. Sono idee spesso percepite come verità assolute, ma che in realtà distorcono i fatti e possono frenare lo sviluppo economico e culturale del Paese.
«L’obiettivo» – spiega il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca – «è liberare il turismo da false percezioni, riconoscendone valore reale e potenziale, per costruire consapevolezza e promuovere un dibattito pubblico più informato e positivo».
Paragonare il turismo al petrolio, ad esempio, è riduttivo e fuorviante. Occorre riconoscere e valorizzare il lavoro e le competenze necessarie per trasformare il patrimonio storico-artistico in valore economico e sociale. Allo stesso modo, l’idea che «l’Italia si vende da sola» è sbagliata: la bellezza non basta, servono strategie e marketing digitale per competere globalmente e soddisfare turisti sempre più informati ed esigenti.
Non è vero nemmeno che l’Italia possieda «oltre metà del patrimonio culturale mondiale». Meno retorica e più investimenti in servizi e valorizzazione concreta aiutano a trasformare la ricchezza culturale in vantaggio competitivo.
Percezione contro realtà: come nascono gli stereotipi
Nel dibattito pubblico il turismo gode di grande popolarità: quasi tutti hanno vissuto un viaggio o una vacanza. Da qui nasce la tentazione di trarre conclusioni generali da esperienze personali – i cosiddetti one-man panel – con esiti semplificati. La conseguenza è una percezione distorta che spesso sostituisce l’analisi accurata, fino a diventare una vera e propria «trappola cognitiva» che rende il discorso turistico ripetitivo e poco aderente ai cambiamenti reali (nuove destinazioni, rivoluzione digitale, evoluzione dei comportamenti di viaggio).
Rimuovere i luoghi comuni – o almeno ridurne l’impatto – è la condizione per far sì che studi, progetti e politiche non scivolino «come acqua sul marmo», ma guidino scelte efficaci.
I dieci luoghi comuni in sintesi
1. Camerieri? No, professionisti dell’ospitalità
Ridurre il turismo a «popolo di camerieri» è sbagliato. Il servizio contemporaneo è un rito professionale e culturale che richiede competenze tecniche e relazionali.
2. Patrimonio mondiale: meno vanto, più impegno
L’Italia non detiene «oltre metà» del patrimonio mondiale. Serve valorizzazione operativa: servizi, manutenzione, accessibilità, interpretazione culturale.
3. Turismo “mordi e fuggi”? Meglio dire city break
Le brevi fughe urbane sono una modalità diffusa e apprezzata nel mondo. Vanno comprese e gestite con prodotti e calendari adeguati, non demonizzate.
4. Il turismo non è un ripiego
Il lavoro nel turismo è una scuola di vita e un trampolino professionale: sviluppa soft skill, leadership operativa, gestione del cliente e capacità digitali.
5. Motore di sviluppo, non consumo del territorio
Il turismo può rigenerare comunità e luoghi a rischio abbandono. Con pianificazione e regole, crea valore invece di consumare risorse.
6. Identità locale: si rafforza con l’ospitalità
Il turismo non «snatura» l’identità: offre l’occasione di raccontarla e condividerla, trasformandola in valore economico e culturale.
7. Ricchezza diffusa, non per pochi
Il valore generato si distribuisce attraverso moltiplicatori economici lungo filiere e territori: artigianato, agroalimentare, cultura, mobilità, servizi.
8. L’Italia non si vende da sola
La bellezza non basta. Servono strategie, dati, marketing e canali digitali per competere e parlare ai nuovi pubblici globali.
9. Overtourism: problema di gestione, non di presenza
Il tema va affrontato con pianificazione, logistica, pricing, distribuzione dei flussi e comunicazione mirata, evitando slogan anti-turismo.
10. Il turismo non è petrolio
Il paragone è fuorviante: il turismo è economia della conoscenza e della relazione. Al centro ci sono competenze, qualità dei servizi e innovazione.
Verso un dibattito più informato
Superare gli stereotipi significa passare dalla retorica all’operatività: politiche basate sui dati, investimenti nei servizi, formazione continua e una comunicazione che rifletta la complessità del fenomeno. Solo così il turismo potrà esprimere pienamente il suo potenziale per le imprese, i lavoratori e i territori.